“Aida” al Teatro Marrucino di Chieti

Teatro Marrucino – Stagione Lirica 2014
“AIDA”
Opera drammatica in quattro atti su libretto di Antonio Ghislanzoni
Musica di Giuseppe Verdi
Aida DONATA D’ANNUNZIO LOMBARDI
Radamès LEONARDO CAIMI
Amneris
GIUSEPPINA PIUNTI
Amonasro GIUSEPPE GARRA
Ramfis DARIO RUSSO
Il Re
 DAVIDE FILIPPONI
Un messaggero ORLANDO POLIDORO
Sacerdotessa ILARIA MICARELLI
Orchestra Sinfonica Abruzzese
Coro del Teatro Marrucino di Chieti
Coro del Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno
Corpo di ballo del Centro Studi Danza di Cristina Nudi
Direttore Massimiliano Stefanelli
Maestro del coro Paolo Speca
Maestro del coro Giovanni Farina
Regia e scene Franco Zeffirelli riprese da Stefano Trespidi
Set Designer Walt Spangler
Costumi Anna Anni
Lighting designer Lorenzo Caproli
Produzione Teatro Verdi di Busseto, 2001
Chieti, 3 ottobre 2014
Chieti inaugura la stagione lirica 2014 con Aida, titolo che vi manca da tretantè anni: sono solo tre le rappresentazioni di questo titolo prima d’ora, nel 1877, nel 1919 e, appunto, nel 1981.
Per questo ritorno la città ha avuto il raro onore di ospitare una produzione ormai storica, ideata appositamente per un palcoscenico di piccole dimensioni come quello del Teatro Marrucino di Chieti: è l’allestimento che Franco Zeffirelli mise su a Busseto nel 2001 per la celebrazione del centenario della morte del compositore emiliano.
Per l’occasione la ripresa è affidata a Stefano Tespidi, all’epoca allievo, poi assistente del maestro, che sceglie una fedelissima riproposizione, senza nessuna reinterpretazione o cambiamento.
Sono passati già tredici anni e questo allestimento ha ancora la forza emotiva di coinvolgere lo spettatore come allora. A fronte di molti spettacoli che dopo solo pochi anni già scemano della spettacolarità della prima rappresentazione, questo, invece, pare non essere “invecchiato” affatto, offrendo immutato il suo messaggio.
Esattamente come a Busseto i limiti di spazio impongono di rinunciare a quell’elemento che fa dell’opera un grand-opéra, i balletti: con non poco dolore nel secondo atto via la danza dei piccoli schiavi così come i ballabili della scena trionfale.
Nel corso dello spettacolo ho avuto particolarmente modo da riflettere su come quello che possa sembrare un problema imposto dalla carenza di spazio può invece tramutarsi in una buona soluzione scenografica laddove Zeffirelli scelse di “ricorrere” alla grande tradizione dei fondali dipinti che si vedono nel terzo atto e, soprattutto, nella seconda scena del secondo atto in cui un’immaginaria Tebe in visione prospettica non ha nulla da invidiare ai fondali tragici del teatro rinascimentale.
Zeffirelli riesce a rendere credibile una scena concepita fastosa e imponente, collocandola in uno spazio ridottissimo: mi riferisco alla popolare scena trionfale dove ciò che non può essere mostrato per forza di cose si opta per evocarlo. Qui il corteo c’è, ma non si vede. Qui l’occhio dello spettatore viene spostato dal primo piano sui egizi fasti al campo lungo che pone l’attenzione a ciò che invece avviene dietro la folla festante in una Tebe che viene percepita come imponente all’orizzonte. È dietro la folla, dunque, che si consuma il dramma interiore di Aida i cui gesti, semplici e mirati, esprimono tutto il dramma di una donna il cui cuore si divide per due uomini, per il suo amato Radames e per l’adorato padre Amonasro.
A Zeffirelli bastano pochi gesti per esprimere un dramma logorante che si amplifica all’occhio di chi guarda con altrettanti semplici espedienti prestati dall’arte cinematografica.
L’ultimo atto viene risolto dalla presenza di un cubo che nella prima scena fa da fondale e da elemento divisorio tra l’ambiente dove si trova Amneris e quello in cui viene consumato il giudizio di Radames; mentre nella seconda scena, debitamente aperto, rende pienamente la spazialità della tomba nella quale Radames e Aida danno addio alla terra in profondo abbraccio nel mentre della preghiera di Amneris sulla salma adorata.
Doverosi di essere menzionati sono i superbi e filologici costumi della grandissima e compianta Anna Anni che nel 2001 è venuta a mancare. I passi di danza del primo atto sono ripresi da Cristina Nudi che si avvale delle brave danzatrici del suo Centro Studi Danza che ha sede in città; anche lei ha scelto di rimanere fedele ai movimenti che nel 2001 vennero messi a punto da Carla Fracci. Infine, a Lorenzo Caproli si deve il tocco finale con la cura delle luci colle quali si riesce ad ottenere risultati che vanno a sostegno del dramma nonostante i limiti dei mezzi tecnici che un simile piccolo teatro può riuscire a mantenere.
La protagonista è Donata D’Annunzio Lombardi, nativa della vicina Avezzano, che veste i panni di Aida. Il ruolo le si rivela calzante riuscendo a calarsi perfettamente nei panni del personaggio con un’ottima interpretazione sia teatrale che vocale. Molto brava anche nel gestire i momenti di difficoltà: nel terzo atto l’imprevisto di un calo della voce viene gestito con perizia. Coinvolgente ed emozionante nelle due arie “Ritorna vincitor!” e “Oh patria mia” dove offre un’interpretazione commovente.
Altrettanto si può dire per Leonardo Caimi, in Radames: a Chieti già s’era esibito in una Manon Lescaut nel 2012 e da allora continua a mantenere le sue doti canore che vantano un’emissione decisa ed un particolare timbro sfumato molto apprezzabile.
Molto brava anche Giuseppina Piunti che interpreta Amneris. Anche per lei si constata una non indifferente professionalità nel canto e nella modulazione della voce. Melodica nei momenti di maggior languore, fortemente espressiva in quelli più trascinanti: un’artista versatile che riesce a trovarsi a pieno agio in tutte le doti che vengono richieste da un personaggio controverso come quello che è chiamata ad interpretare. Una nota di merito per le capacità attoriali: sicuramente la migliore e la più convincente sul palco, soprattutto nel momento del tragico confronto con i sacerdoti al terzo atto.
Giuseppe Garra è un Amonasro soddisfacente sotto tutti i punti di vista. Oltre al physique du rôle, si muove a pieno agio sul palco. Espressivo nei gesti è soprattutto abbondantemente competente nell’interpretazione nella quale non sfora mai negli eccessi così come spesso si finisce per fare in questo ruolo. Voce piena, possente e modulata.
Ottimi anche i comprimari: Dario Russo (Ramfis), Davide Filipponi (Il Re), Orlando Polidoro (Un messaggero), tutti dotati di buone qualità canore, tutti con un buon appoggio e fresca emissione nonché persuasivi nei ruoli che ricalcano. Infine, Ilaria Micarelli completa il cast nel ruolo della Sacerdotessa con il suo bel canto limpido e carico di mistero così come richiesto dalla parte affidatole.
Con questo spettacolo e con i prossimi che seguiranno si fa ancora più forte il sodalizio del teatro con l’Orchestra Sinfonica Abruzzese che, nella ridotta formazione che impone la buca del Marrucino, è guidata dalla stessa bacchetta che battezzò questo allestimento nel 2001, quella di Massimiliano Stefanelli. È felice impressione del recensore di questo articolo constatare come questa compagine riesce con pochi elementi a tirar fuori un suono pieno e gagliardo così come si sarebbe sentito da un’orchestra di un più ampio organico e in un golfo mistico più vasto. Il direttore è capace di interpretare il repertorio verdiano con puntuale professionalità scegliendo ora tempi dilatati, ora momenti più incisivi ed è abile nel valorizzare l’acustica di questo ambiente, senza coprire le voci.
Due i cori: quello del Teatro Marrucino di Chieti e quello del Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno diretti rispettivamente da Paolo Speca e Giovanni Farina. Masse corali coinvolgenti e drammatiche nei momenti più tragici. Unico neo, uno scollamento tra le voci e con l’orchestra nel coro femminile all’inizio del secondo atto.
Per ultimo meritano di essere menzionate anche le comparse, selezionate nei giorni precedenti in città, dove sia attori (anche dilettanti) che persone  alla prima esperienza scenica hanno interpretato con naturalezza e disinvoltura i gesti del popolo e della corte egizia, un“esperimento” che già il cinema neorelista aveva compiuto e che ancora oggi si rivela avvincente.
Il sold-out da giorni per entrambe le recite in cartellone ha imposto al teatro di aprire al pubblico la prova generale dove gli applausi sono stati trionfali. Una partecipazione sia numerica che emotiva dei melomani che a Chieti non si vedeva da molto, troppo tempo.