André Messager (1853 – 1929): “Les P’tites Michu” (1897)

Operetta in tre atti su libretto di Albert Vanloo e Georges Duval. Violette Polchi (Marie-Blanche), Anne-Aurore Cochet (Blanche-Marie), Philippe Estèphe (Gaston Rigaud), Marie Lenormand (M.me Michu) Damien Bigourdan (M. Michu), Boris Grappe (Le Général des Ifs), Artavazd Sargsyan (Aristide), Caroline Meng (M.lle Herpin), Romain Dayez (Bagnolet), Chœr d’Angers Nantes Opéra, Orchestre National des Pays de la Loire, Pierre Dumoussaud (direttore). Registrazione: Théâtre Graslin, Nantes, 23-24 maggio 2018. 2 CD Fondazione Palazzetto Bru Zane BZ 1034
André Messager è forse stato fra gli eredi di Jacques Offenbach il più significativo e quello che con maggior talento e convinzione ha fatto prosperare la tradizione dell’operetta francese nei decenni successivi alla morte del suo assoluto maestro. La Francia in cui lavora Messager è un mondo molto diverso da quella del Secondo Impero: se la disfatta militare del 1870 aveva spinto Offenbach a cercare nuove vie, più serie, lontane dalla gaiezza degli anni precedenti che sembrava ormai tramontata, quella degli anni ’80 e ’90 è una Francia bisognosa di superare la crisi della guerra con la Prussia, di lasciarsi alle spalle le irrisolte tensioni del 1870 e pronta a gettarsi nell’ubriacante vertice della modernità. Il nuovo clima storico si ripercuote anche sul taglio che il genere acquisisce. È pressochè impossibile trovare nei nuovi lavori la corrosiva satira politica che attraversava le operette di Offenbach, sostituita da un approccio decisamente meno impegnato in cui, se emergono tematiche d’attualità, sono più legate alla sfera sociale che a quella politica.
Messager è noto in Italia – almeno per fama – per quello che è stato forse il suo primo grande successo, quella “Madame Chrysanthème” (1893), dall’omonimo romanzo di Loti, che rappresenta uno dei punti di partenza della lunga evoluzione che porterà alla “Madame Butterfly” pucciniana. Al successo di questo lavoro seguirono alcuni anni di appannamento e sarà proprio Les P’tites Michu a riportare al successo Messager nel 1897 e ad aprire la strada alla piena maturità di “Véronique” (1898) e “Fortunio” (1907).
Les P’tites Michu” è un capolavoro di grazia ed eleganza, il trionfo dello stile di Messager e del gusto della Belle Époque parigina, fatti di una apparente semplicità ottenuta però attraverso una scrittura raffinatissima, in cui tutti gli artifici della tecnica compositiva sono sfruttati per creare un effetto di naturalezza e ingenua freschezza. Orchestratore raffinatissimo, maestro nel creare melodie di facile suggestione, ma mai  banale, Messager qui gioca al meglio le sue carte.
La vicenda – ambientata durante l’età napoleonica – pur nel disimpegno dominante,  introduce alcuni temi di riflessione sociale non estranei al dibattito di quegli anni, come il rapporto fra nascita e merito e la necessità di superare la distinzione fra classi sociali: a un secolo di distanza, i mai risolti interrogativi lasciati dell’esperienza rivoluzionaria tornavano a farsi sentire non solo nei romanzi di Zola. Nel racconto di due ragazze identiche, una aristocratica e una borghese, cresciute come sorelle e che ormai nessuno è più in grado di distinguere,  sta tutto il contrasto fra stirpe e personalità e alla fine a vincere non saranno le ragioni del sangue, ma quelle del talento e della predisposizione con il doppio matrimonio – aristocratico per l’una, borghese per l’altra – frutto esclusivamente dell’indole e del carattere risultando impossibile qualunque tentativo di distinzione.
La presente registrazione – all’interno del sempre meritorio catalogo della Fondazione Palazzetto Bru Zane di Venezia – riproduce, per la parte musicale, lo spettacolo andato in scena nel maggio del 2018 a Nantes. Qualche variazione dei recitativi e il taglio di alcune sezioni dei couplet si spiega con la natura dello spettacolo a cui, purtroppo, vanno attribuiti i fin troppo invasivi rumori di scena per fortuna limitati alle parti recitate.
La parte musicale è affidata all’Orchestre National de Pays de la Loire che suona con la giusta brillantezza e la delicata trasparenza che questa musica richiede, sotto la guida di Pierre Dumoussaud che, nonostante la giovanissima età, mostra già un buon grado di maturità artistica. I tagli – fortunatamente limitati – trovano forse ragione nella concezione generale dell’allestimento, ma ovviamente dispiacciono tanto di più in presenza della prima registrazione completa (discograficamente parlando, esistono solo delle selezioni).
Positiva nell’insieme la prova della compagnia di canto, pur priva di personalità capaci di imporsi. Qualche dubbio suscita la coppia delle quasi omonime sorelle composta per l’occasione da Violette Polchi e Anne-Aurore Cochet: voci piacevoli e con una somiglianza timbrica che non guasta nel contribuire a rendere indistinguibili le due ragazze ma – almeno al solo ascolto – entrambe mancanti di quella luminosa giovinezza che ci si aspetterebbe da due collegiali. I timbri sono troppo maturi, l’accento talvolta fin troppo “intoverso”, andando così a togliere il tratto adolescenziale.
Marie Lenormand e Damien Bigourdan funzionano decisamente meglio nella coppia dei genitori Michu, con buona linea di canto e giusta spigliatezza espressiva. Caroline Meng (Mademoiselle Herpin) canta con brio, ma purtroppo con una dizione un po’ confusa. Philippe Estèphe è veramente molto bravo nella parte del fidanzato borghese Gaston, cui presta una voce da perfetto baritono. Artavazd Sargsyan non disporrà di una voce di particolare fascino, ma canta con proprietà e rende molto bene il sentimentalismo un po’ languoroso del giovane aristocratico Aristide.
Boris Grappe è troppo giovanile per quel vecchio soldataccio che è il generale Des Ifs. Più complesso il discorso per Romain Dayez nei panni di Bagnolet, che, in base all’idea “futuristica ” del regista, è trasformato in un robot dall’accento meccanico e artificioso: scelta alla quale il cantante si adegua anche se, a lungo andare, risulta assai  fastidioso e ben lontano dal carattere popolaresco del ruolo.