Clara Schumann (1819 – 1896) 200: l’interprete e la compositrice

A 200 anni dalla nascita.
“La musica è davvero una buona parte della mia vita, se mi manca è come se si fosse ritirata da me ogni elasticità fisica e spirituale”.

Come rivelato dalla stessa Clara Josephine Wieck Schumann (Lipsia 13 settembre 1819 – Francoforte sul Meno 20 maggio 1896) in questo appunto del suo diario del 9 gennaio 1853, la musica effettivamente svolse una parte consistente nella sua vita sin dalla più tenera età essendo nata in una famiglia di musicisti. Secondogenita di Johann Gottlob Friedrich Wieck, pianista nonché fondatore nell’omonima fabbrica di pianoforti, e di Marianne Tromlitz, cantante e pianista, il cui padre era stato un cantore a Plauen e il nonno Johann George Tromlitz un celebre flautista e compositore, Clara iniziò a studiare musica all’età di cinque anni con il padre che le impose una disciplina rigida e la sottopose a un metodo di studio particolarmente duro del quale la piccola Clara si lamentò in un appunto del suo diario risalente all’età di nove anni:
“Mio padre, che da lungo tempo sperava un cambiamento da parte mia, ha osservato oggi, di nuovo, che sono sempre ancora pigra, negligente, disordinata, testarda, disubbidiente, e ciò anche nel suonare il pianoforte; e poiché ho eseguito così male in sua presenza le nove Variazioni op. 26 di Hünten, egli ha strappato lo spartito di fronte ai miei occhi, e ha deciso che da oggi non mi avrebbe lasciato una sola ora, e oramai posso solo suonare scale, studi di Cramer e gli esercizi di Czerny per i trilli”.
Un anno dopo, il 20 ottobre 1829, Clara, che certo aveva sacrificato parte della sua infanzia allo studio del pianoforte, esordì in concerto suonando a quattro mani con un’altra allieva del padre; ebbe così inizio la sua folgorante carriera di concertista, che si svolse, almeno inizialmente, sempre sotto il ferreo controllo del padre il quale non trascurava alcun dettaglio per la buona riuscita del concerto, occupandosi dei contratti, della sala e del pianoforte che, nel caso in cui non fosse stato di buona qualità, veniva da lui riparato e accordato. Tra successi e importanti riconoscimenti come la nomina a Vienna, all’età di 18 anni, di virtuosa da camera dell’Imperatore, Clara trovò l’amore nella persona di Robert Schumann che avrebbe sposato, il 12 settembre 1840, esattamente alla vigilia del suo ventunesimo compleanno, superando gli ostacoli frapposti del padre il quale si era opposto a questa relazione con il futuro grande compositore nelle cui doti non credeva e che riteneva anche propenso all’alcolismo. I primi anni di matrimonio furono particolarmente felici, come rivelato da Clara nel suo diario dove si legge:
“Noi godiamo di una felicità domestica che non avrei mai potuto immaginare. Come compiango quelli che sempre la ignoreranno! Ogni giorno scopro il tesoro di poesia che è in lui e ogni giorno lo amo di più […]. La mia ammirazione per il suo genio cresce con ogni sua opera: e vorrei ricambiargli mille volte la gioia che egli mi ha donato”.
Nonostante questa dichiarazione di donna innamorata, gli impegni di due carriere differenti, quella di virtuosa di Clara, e quella di compositore di Robert, incominciarono a segnare le loro esistenze e, se la donna, nel 1841, si sacrificò per la famiglia che, nel frattempo, si allargava con la nascita della figlia Marie, in seguito sarebbe stato Robert a dover togliere tempo prezioso alla sua attività creativa seguendo la moglie nel 1842 nelle sue tournée a Weimar e a Brema. Robert, forse anche infastidito dai successi della moglie che finivano anche per offuscare la sua persona tanto che nei ricevimenti che seguivano i concerti di Clara si sentiva chiedere «anche lei si occupa di musica?», decise allora di non accompagnarla a Copenaghen separandosi temporaneamente e dolorosamente da lei. Schumann scrisse, infatti:
“La separazione mi ha di nuovo fatto sentire la mia difficile e strana situazione. Devo io dunque sacrificare il mio talento per servirti da turiferario? E tu devi sacrificare il tuo perché io mi sono legato alla rivista e al pianoforte? Sino a che tu sarai forte e giovane noi abbiamo trovato una via conciliativa. Tu hai preso una dama di compagnia, io sono ritornato a nostra figlia e al mio lavoro. Ma che dirà il mondo? È questo che mi tortura. Bisogna che noi troviamo il modo di esercitare e sviluppare il nostro talento l’una a fianco dell’altro”.
Nel 1843 con la nascita della seconda figlia sembrò che la vita della famiglia potesse conoscere una certa serenità, nonostante i due coniugi non nuotassero certo nell’oro. In loro soccorso giunse allora la proposta di Mendelssohn che offrì a Schumann una cattedra di pianoforte nel Conservatorio di Lipsia di cui era direttore e che Robert avrebbe tenuto fino al 1844, anno in cui accompagnò la moglie Clara per una tournée di concerti in Russia che la vide impegnata a Riga, a Pietroburgo e a Mosca. Ritornati a Lipsia, i coniugi Schumann andarono incontro ad una cocente delusione dovuta alla scelta delle autorità di affidare la direzione del Gewandhaus, da poco lasciata da Mendelssohn, a Niels Gade nonostante Robert avesse fatto domanda. Decisero allora di stabilirsi a Dresda dove Robert fondò un circolo di artisti e pensatori del quale fece parte anche Wagner, ma dove iniziarono anche quei disturbi di natura nervosa che avrebbero portato il compositore tedesco prima al tentativo di suicidio nel Reno, il 26 febbraio del 1854, e, poi, al conseguente internamento nel manicomio di Endenich presso Bonn dove sarebbe morto due anni dopo e dove Clara andò a fargli visita soltanto negli ultimi giorni di vita del marito. La morte di Schumann, il 29 luglio 1856, che aveva lasciato Clara in uno stato di profondo dolore e sconforto, tanto da scrivere all’amica Emilie List, il 23 agosto, quasi un mese dopo, che la sua parte migliore era morta con lui, non pose, però, fine alla sua attività di concertista. Si dedicò, infatti, all’interpretazione e alla diffusione delle opere pianistiche del marito e aiutò l’allora poco più che ventenne Johannes Brahms, che, già legato da profonda amicizia a Schumann, il quale, da parte sua, lo aveva indicato nella sua «Neue Zeitschrift für Musik» come il musicista del futuro, le era stato vicino durante la malattia di Robert. Fu proprio Clara a suscitare i favori della critica nei confronti del Concerto in re minore per pianoforte e orchestra di Brahms che, affascinato da lei, la fece oggetto di un amore rimasto ad uno stato platonico. Clara, dopo la morte del marito, si dedicò all’interpretazione e alla diffusione delle opere sia di Schumann che di Brahms dei cui due Concerti per pianoforte e orchestra fu una grande interprete. Durante la sua carriera concertistica che, però, fu costretta ad interrompere tra il 1873 e il 1875 per forti dolori alle braccia causati, come è stato ipotizzato in base alle moderne ricerche mediche, da una sindrome di sovraccarico nella quale incorrerebbero alcuni musicisti che arrivano a suonare fino a 15 ore al giorno, fu anche tra le prime grandi interpreti del Secondo concerto per pianoforte e orchestra di Chopin. Sebbene nuove tecniche interdisciplinari per la lotta al dolore introdotte da Friedrich von Esmarch avessero migliorato le sue condizioni di salute, Clara Schumann dal 1875 diradò i suoi impegni evitando di eseguire lavori troppo impegnativi come i due citati Concerti di Brahms e concluse la sua carriera concertistica il 12 marzo 1891 a Francoforte, nella cui Hochschule für Musik insegnò dal 1878 al 1892 pianoforte, eseguendo un’altra opera di Brahms: Le variazioni su un tema di Haydn nella versione per due pianoforti. Il 20 maggio 1896, cinque anni dopo il suo ultimo concerto, Clara, che era stata colpita da un ictus il 26 marzo dello stesso anno, si spense a Francoforte e fu sepolta a Bonn nel cimitero Alter Friedhof dove riposa accanto al marito. Durante la sua vita Clara non nascose mai la sua ostilità nei confronti di Liszt, arrivando a cancellare la dedica nella Fantasia in do maggiore op. 17 del marito quando ne curò la pubblicazione, e di Wagner per il quale, secondo quanto si legge in un’annotazione del suo diario (7 dicembre, 1857) non riusciva a provare «neanche la minima scintilla di simpatia».

Accanto all’attività concertistica Clara si dedicò, negli anni che vanno dal 1828 al 1853, anche a quella compositiva che, secondo quanto si legge in un’annotazione del suo diario del 10 giugno 1853, le dava «un grande piacere». Fu autrice, infatti, di una discreta produzione per pianoforte e di Lieder. Effettivamente il piacere per la composizione appare evidente in tutte le sue opere che, particolarmente curate dal punto di vista formale, evidenziano una conoscenza estremamente raffinata dei procedimenti compositivi dal contrappunto all’armonia che, però, vengono piegati a un lirismo romantico di grande intensità, ma mai sdolcinato. Ciò è evidente, per esempio, nei Preludi e fughe op. 16, dove al preludio, nel quale emerge una lirica linea del canto su armonie complesse, seguono le fughe (una a 3 e due a 4 voci) in contrappunto rigoroso. Nella sua produzione dedicata a questo strumento appare evidente il particolare pianismo di Clara, mai basato su un puro e semplice esibizionismo virtuosistico, ma sempre caratterizzato da una ricerca compositiva estremamente raffinata che guarda al sentimento come suo principio ispiratore. Emblematiche sono a tale proposito le Variazioni su un tema di Schumann op. 20, che si avvalgono dello stesso tema utilizzato da Brahms per le sue variazioni pianistiche dell’op. 9 e che sono impostate da Clara Schumann secondo la tecnica del contrasto con alcune di esse molto vicine al tema del marito e altre che se ne discostano grazie a momenti di virtuosismo che non si tramutano mai in puro esibizionismo, ma arricchiscono il tema sempre percepibile anche nelle variazioni apparentemente più elaborate.

Nella produzione liederistica, costituita da una quindicina di brani inseriti in tre raccolte (op. 12, dove figurano insieme ad altri del marito, op. 13 e op. 23) si nota un’attenzione alla parola che si traduce in un lirismo nel quale il testo viene pienamente esaltato senza indulgere a melodie di bellezza sterile e fine a se stessa.