“Lo Schiaccianoci” e i suoi personaggi al San Carlo di Napoli

Napoli, Teatro di San Carlo, stagione di balletto 2019-2020
“LO SCHIACCIANOCI”
Coreografia Giuseppe Picone da Lev Ivanov e Marius Petipa
Musica Pëtr Il’ic Čajkovskij
Clara SARA SANCAMILLO
Lo Schiaccianoci FRANCESCO LORUSSO
Fata Confetto MAIA MAKHATELI
Principe Schiaccianoci SALVATORE MANZO
Drosselmeyer EDMONDO TUCCI
Regina della Neve LUISA IELUZZI
Orchestra e Coro di Voci Bianche del Teatro di San Carlo
Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo
Direttore del Corpo di Ballo Giuseppe Picone
Allievi della Scuola di Ballo del Teatro di San Carlo diretta da Stéphane Fournial
Direttore Karen Durgaryan
Direttore del Coro di Voci Bianche Stefania Rinaldi
Scene Nicola Rubertelli
Costumi Giusi Giustino
Napoli, 29 dicembre 2018 ore 21.00
Ancora un appuntamento con Lo Schiaccianoci al San Carlo di Napoli, nella versione firmata dal Direttore del Corpo di Ballo Giuseppe Picone, in scena al Massimo napoletano già da alcune stagioni, la cui tradizionalità dell’impianto attira ancora una volta il pubblico più che nutrito delle feste natalizie. Trattandosi di un lavoro già noto, rimandiamo alle scorse recensioni la parte riguardante la coreografia e la drammaturgia (stagione 2017-2018 e 2018 -2019), dando a questa recensione un taglio insolito a causa di un fortuito posizionamento “fuori visione”, che non ha permesso alla sottoscritta di poter godere a pieno delle evoluzioni coreutiche del balletto sancarliano. Le soluzioni possibili sarebbero state tre: restare sulla falsariga delle vecchie recensioni; fingere di aver visto tutto e descrivere solo il visto; approfittare della situazione per offrire al lettore qualcosa di diverso. Se le prime due ipotesi sono apparse poco oneste o scontate, la terza è quella che state leggendo.
Fatta salva una doverosa breve analisi di quanto visto dalla posizione a picco sul proscenio, si darà la parola ai due veri protagonisti del balletto: Clara e Drosselmeyer, l’una soggetto del sogno, l’altro il suo regista e drammaturgo ‘interno’. E questo perché, se si evita una focalizzazione esterna, è dall’interno che proveremo a leggere il balletto che quasi ogni famiglia tradizionalmente sceglie per introdurre i propri piccoli (danzatori e non) in un Ente lirico. Ma procediamo con ordine inquadrando brevemente gli interpreti. Sara Sancamillo, solista della Compagnia, è una Clara consapevole e matura: la sua fisicità la rende una perenne ragazzina, che si mostra a volte più spaventata che sorpresa davanti a ciò che non si aspetta e che riesce a rendere con naturalezza quei passaggi intermedi tra la danza pura e la pantomima tradizionale, incarnando un personaggio credibile e non scontato. Motore dell’azione scenica è Drosselmeyer: proiezione dei sogni infantili di una bambina quasi donna, oscilla tra il misterioso e  il seducente, tra il paterno e il magico. Non è un ruolo semplice perché rischia di essere banalizzato – soprattutto se troppo danzato – ed è una immagine che dovrebbe mantenere il distacco fisico dal resto dei danzatori in scena, con un linguaggio corporeo diverso, proprio perché è l’unico ad avere accesso a mondi incantati. Il filo conduttore della storia insomma, la cui importanza è universalmente riconosciuta. L’ultima performance della carriera del Primo ballerino Edmondo Tucci è affidata a questo ruolo, che da tempo ricopre in maniera sempre diversa: talvolta papà affettuoso, talaltra incantatore misterioso. Per un danzatore alle soglie del congedo è importante poter esprimere la propria esperienza, al di là dei passi, ma questo lo leggeremo poco più avanti dalle parole del protagonista.
Luisa Ieluzzi è stata una regina della neve elegante e altera, sia pure imprecisa in alcuni punti; fluida e sicura la Regina dei Fiori di Anna Chiara Amirante, accompagnata dal valido  Alessandro Staiano. La danza spagnola di Giovanna Sorrentino e Pasquale Incoronato ha lasciato perplesso chi scrive ma anche il pubblico, che ha applaudito con notevole ritardo, a causa di palesi sbandamenti (la prima recita dopo le festività natalizie avrà risentito del riposo prolungato?). Degna di nota la Danza pastorale di Candida Sorrentino, Claudia D’Antonio e Danilo Notaro, tre dei migliori elementi della Compagnia.La prestazione tecnica più alta è stata ancora una volta quella di Salvatore Manzo che tuttavia, appurata la brillantezza delle sue doti, suscita più voyeuristici interessi su aplomb e pirouette che una autentica attrazione artistica. La sua figura esile lo rende il solista perfetto, ma poco adatto al Pas de Deux. La Fata Confetto Maya Makhateli, forte di una sicurezza che le ha permesso una gestione totalmente autonoma delle difficoltà di coppia. Dotata di una fisicità non filiforme, Makhateli incarna l’estetica di una danzatrice forte e seducente che dovrebbe cominciare a essere preferita alla innaturale esilità dei modelli imperanti, per una rinnovata femminilità che non costringa il corpo della donna in una visione asessuata e implicitamente misogina.
Impreciso il corpo di ballo, sia maschile che femminile, nella gestione degli insiemi: anche gli elementi migliori, in un sistema che non si regola all’unisono nei port de bras o nei movimenti, si assimilano visivamente agli squilibri. Si ha l’impressione di tanti solisti nella massa, laddove c’è da sacrificarsi alla riuscita dell’insieme e a non voler a tutti i costi mostrare la propria individualità. Ma il pubblico delle feste è, per lo più, poco esigente: a loro basta ammirare tutù vaporosi e scintillii di luci per vivere la magia del balletto, grazie soprattutto alla bellezza della musica di Čajkovskij o, in senso più ampio, all’indefinito fascino della musica in sé, che è l’anima vera di questo spettacolo con la sua qualità, la sua forza, la sua abilità descrittiva. L’orchestra del Teatro di San Carlo, ha eseguito la partitura sotto la guida del Maestro Karen Durgaryan. Ma veniamo adesso a interrogare i veri protagonisti della storia: chiederemo una cosa a Clara e una cosa a Sara Sancamillo; una cosa a Drosselmeyer e uan cosa a Edmondo Tucci.
Siamo proprio sicuri che Clara volesse restare all’interno del sogno o si può credere che, in fondo, sia più felice di tornare alla realtà?
[Sara Sancamillo] Clara durante il suo sogno si trova a viaggiare in regni che non sono sempre ilari e gioiosi. Affrontare i topi e la loro lotta contro l’esercito del suo Schiaccianoci, vedere vacillare le sue certezze nel momento in cui il Re dei topi sta per vincere la sua battaglia sicuramente reca angoscia. L’incontro con la Fata Confetto la mette quasi in soggezione e alla domanda: «Tu chi sei e cosa ci fai qui?», Clara è costretta a chiedere aiuto a Drosselmeyer. Infine, ma non meno importante, l’evoluzione del suo rapporto con il Principe: lo stupore di una bimba che si trova a vivere qualcosa che forse è più grande di lei. Quindi, per tornare alla domanda, forse la “mia” Clara, che vive questo sogno con grande intensità, alla fine è quasi contenta di tornare nella sua realtà semplice fatta di bambole di pezza, realtà sicuramente meno avvincente, ma probabilmente più confortante.
Sara Sancamillo, in questi anni di esperienza, cos’ha imparato dal personaggio di Clara e come cerchi di affrontarlo diversamente di anno in anno?
Clara è il ruolo che ho danzato al quale sono più legata. Mi ha insegnato a tornare indietro nel tempo, a vivere la magia del Natale come la vivono i bambini e come l’ho vissuta io nella mia meravigliosa infanzia. Ogni volta che lo interpreto, torno ad avere dieci anni e rivivo quelle emozioni e quella gioia che forse, quando ero bambina, non sapevo riconoscere. L’attesa del dono più desiderato, il potersi riunire con le persone più care, scegliere con inconsapevolezza che quello della Vigilia di Natale sarà un giorno felice. Ecco, questa è la mia preparazione mentale per questo ruolo, che ogni anno ho il privilegio di interpretare. Sono grata a Clara perché, come una macchina del tempo, mi fa tornare bambina per due ore e mi fa essere felice!
Edmondo Tucci, se potesse riscrivere Lei la storia con gli occhi di Drosselmeyer, cosa cambierebbe?
È una domanda interessante, la storia di Schiaccianoci è un viaggio interiore nel profondo inconscio di Clara, la trasposizione coreografica ispirata alla penna di Hoffmann, per cui a mio avviso non può non tener conto dell’aspetto psicologico dei personaggi. Clara nel suo sonno combatte l’eterna battaglia tra il bene e il male, un conflitto esistenziale che ognuno di noi affronta ogni giorno. Il mio punto di vista è quello di un artista che ha ballato, nel tempo, diversi ruoli di questo balletto e più versioni coreografiche, come sono state varie le versioni in cui ho interpretato il ruolo di Drosselmeyer; credo quindi di poter dire che non modificherei la struttura della storia in sé, ma darei più importanza o caratterizzazione proprio a questo personaggio, fondamentale alla narrazione stessa del balletto. Darei a questo ruolo una veste più enigmatica, lo porterei a essere ancor di più il filo conduttore, il narratore della storia, colui che traghetta Clara in questo viaggio nel suo inconscio, nel suo sonno più profondo. Credo che l’errore che alcuni coreografi tendono a fare sia pensare che Lo Schiaccianoci sia un comune balletto,  cioè si concentrano molto sull’aspetto tecnico e coreografico della danza. Sarebbe invece opportuno concentrarsi sulla narrazione, sulla regia: non siamo davanti al tipico balletto di repertorio classico, si tratta  principalmente di un esercizio di stile registico, dove la danza è soltanto un linguaggio al servizio della storia. 
Al termine di una onorata carriera di Primo ballerino al Massimo partenopeo, quali sono i ruoli che le hanno cambiato il modo di vedere la danza?
Al termine della mia carriera sento innanzitutto di dover ringraziare tutte le persone che mi sono state vicine, tutti gli artisti con i quali ho collaborato: come non ringraziare Giusy Giustino e i suoi meravigliosi costumi, Annamaria Sorrentino, con il suo grande mestiere al trucco, e ricordare artisti come Roberto Fascilla, compianto Direttore del Corpo di ballo, e il Maestro Ricardo Nuňez, coreografo e artista eccezionale. Tornando alla domanda, potrei rispondere tutto: tutto quello che ho danzato ha cambiato la visione che avevo della danza, proprio perché ho avuto la fortuna di conoscere tanti coreografi che spesso hanno avuto il piacere di creare su di me. Ma questo è stato possibile anche per il mio modo di guardare la danza, sempre proiettato verso l’innovazione. I ruoli contemporanei hanno contribuito ad aprire nuovi orizzonti in me e mi sono serviti a sviluppare anche un mio linguaggio coreografico. Tuttavia balletti come Giselle, con la loro veste romantica, hanno tracciato un solco profondo nella mia storia di ballerino . lascio oggi il teatro San Carlo soddisfatto della mia carriera. Sono stato L’ultimo Primo ballerino ad andare in pensione, per cui mi sento di dire che il Teatro e la sua Direzione dovrebbero oggi dare questa nomina ad Alessandro Staiano, componente del Corpo di ballo maschile: non si può più parlare di questo ragazzo come una giovane promessa, ma ormai come un artista che ha già ampiamente dimostrato di meritare questa carica. Il teatro non dovrebbe farsi sfuggire l’occasione, anche attraverso queste nomine, di dare importanza al Corpo di ballo, che più che mai in questo momento di profonda crisi culturale ha bisogno di decisioni forti e di una guida artistica capace di dare certezze e qualità. C’è bisogno di una programmazione di alta qualità artistica capace di far crescere i ballerini e dare al pubblico un prodotto di eccellenza. Più che mai oggi c’è bisogno della certezza del lavoro e della dignità dell’artista, che deve essere visto non più come un numero, ma come una figura professionale irrinunciabile per il Teatro.

Lo Schiaccianoci sarà in scena al San Carlo fino al 5 gennaio, ma l’appuntamento più imminente e importante per il Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo è  il Concerto di Capodanno dal Teatro la Fenice di Venezia – Hotel Excelsior – Palazzo Pisani Moretta in onda 1° gennaio su Rai 1 alle 12.20 (repliche su Rai 5 alle 18.30 e alle 20.30 su Radio 3), per le coreografie di Giuseppe Picone, con Jacopo Tissi e Olga Smirnova, stelle del Teatro Bolsh’oj di Mosca; la direzione è affidata al Maestro coreano Myung-Whun Chung. (Ph. © Mario Wurzburger)