Johann Simon Mayr (1763 – 1845): “I Cherusci” (1808)

Dramma in musica in due atti su libretto di Gaetano Rossi. Markus Schäfer (Treuta), Yvonne Prentki (Tusnelda), Andrea Lauren Brown (Tamaro), Andreas Mattersberger (Zarastro), Katharina Konradi (Ercilda), Uwe Gottswinter (Carilo), Harald Thum (Dunclamo), Markus Zeitler (Un araldo). Solisti del Bavarian State Opera Chorus, Concerto de Bassus, Franz Hauk (direttore e maestro al fortepiano). Registrazione: Kongregationsaal Neuburg an der Donau, 20-28 settembre 2016. 2 CD Naxos 8.660399-400
Gli anni fra la morte di Mozart e il pieno affermarsi di Rossini sono stati a lungo trascurati dalla discografia. Anni di grande fermento che hanno trasformato l’Europa in ogni campo, dove lo sconvolgimento delle guerre napoleoniche apriva la strada alla nuova sensibilità romantica. Anni in cui maturavano nuove esperienze anche in campo musicale che sarebbero fiorite negli anni successivi, esperienze senza le quali sarebbe impossibile comprendere il fenomeno Rossini – a parte immaginare improvvise illuminazioni divine storicamente ben poco probabili.
Nella realtà italiana di quegli anni Johan Simon Mayr non è certo figura secondaria, tedesco di nascita e di formazione è fra i principali protagonisti della scena lirica italiana di età napoleonica, uno dei principali artefici della diffusione in Italia delle conquiste del classicismo viennese ma è anche compositore di vaglia, non solo vaso di coccio tra i vasi di ferro Mozart e Rossini.
In quegli anni la storia delle guerre romano-germaniche ai tempi di Augusto e Tiberio era tornata di moda nel clima guerriero del tempo. La storia di Arminio era diventata una sorta di bandiera dietro a cui si organizzava la resistenza tedesca contro Napoleone (Kleist, 1808) e anche in Italia il tema era tornato in auge.  Nel 1807 Gaetano Rossi si ispirò liberamente al tema per un’opera con musiche di Gaetano Rossi accolta con scarso successo mentre l’anno successivo rielaborò per Mayr. La destinazione romana del lavoro  – l’opera di Mayr venne rappresentata al Teatro Argentina per la stagione di Carnevale del 1808 – consiglio forse di escludere l’elemento romano concentrandosi sulle coeve guerre interno al mondo germanico tra i cherusci e i marcomanni rimaste per altro solo un lontano ricordo essendo il libretto l’ennesima rielaborazione di temi ben noti come il fanatismo religioso e l’agnizione salvifica. Si riconosce però un carattere ferrigno, guerriero, presente tanto nel testo quanto nella partitura in cui non è difficile riconoscere il riflesso della realtà storica contingente.
La musica di Mayr è un interessante ponte fra passato e futuro. Il compositore mostra di possedere una piena conoscenza dei modelli passati, si riconosce l’eco di Mozart – soprattutto di quello classicamente eroico de “La clemenza di Tito” – così come quello di Haydn e più in lontananza di Gluck ma allo stesso tempo sono palesi le aperture verso i tempi futuri. Compare in più di un punto una sensibilità chiaramente pre-romantica – si ascoltino le arpe di sapore ossianico che spesso accompagnano il canto del principe Tamaro; interessante l’uso della coloratura che alterna momenti dalla scrittura quasi mozartiana ad atri in cui lo sviluppo è ormai quello che sarà tipico di Rossini. Ancora Rossini è anticipato in certe soluzioni melodiche e armoniche. Un lavoro così ibrido nella sua natura richiede una particolare capacità di equilibrio da parte del direttore. Franz Hauk che dell’opera di Mayr si è fatto apostolo – praticamente tutte sue sono le recenti registrazioni delle opere del musicista – vi riesce solo in parte. Con piglio rigoroso e apprezzabile mestiere Hauk da una lettura che evidenzia in modo pienamente compiuto i legami con la stagione del classicismo viennese, ma che sacrifica un po’ le componenti più moderne della scrittura di Mayr. L’orchestra Concerto de Bassus suona con strumenti originali, è sicuramente attendibile sul piano filologico ma un po’ arida nelle sonorità, plumbeo e monocorde il basso continuo affidato di fatto al solo fortepiano così che i recitativi – già problematici per la discutibile pronuncia italiana di molti degli interpreti – suonoano poco espressivi.
Il cast è complessivamente volonteroso.  Sensibilmente migliore la prova della parte femminile. Yvonne Prentki ha voce piccola ma agile e musicale, il timbro cristallino si adatta alla natura virginale di Tusnelda – personaggio di fantasia da non confondere con l’omonima moglie di Arminio e madre di Tumelico – la buona tecnica gli permette di reggere una scrittura  virtuosistica e decisamente acuta. Il suo amato Tamaro è affrontato da Andrea Lauren Brown soprano lirico ma il cui timbro caldo e morbido meglio si adatta a un personaggio maschile en travesti oltre a creare una buona differenza con la voce della Prentki nei loro duetti. La dizione italiana è spesso artificiosa – specie nei recitativi – e la personalità scarsa ma resta una buona professionalità. Molto brava Katharina Konradi nel breve ruolo di Ercilda, amica di Tusnelda.
Scritta per un virtuoso del calibro di Nicola Tacchinardi la parte del re marcomanno Treuta richiede un tenore al contempo agile e autorevole, di accento nobile e di grande sicurezza nel canto. Markus Schäfer si impegna ma la voce è  povera di mordente così che ben poco resta dell’autorità regale; nel canto di coloratura tende a sonorità nasali poco gradevoli; pur svolgendo con correttezza quanto richiesto ma la parte sembra richiedere un cantante di ben altre doti.
Pur corretto nel canto Andeas Mattersberger ha voce forse un po’ troppo chiara per il granitico fanatismo del druido Zarastro oltre a risultare sostanzialmente alieno alla prosodia italiana. Nel breve ruolo di Carilo il tenore Uwe Gottswinter mostra un materiale vocale più interessante rispetto a quello dello stesso Schäfer. Difficile da ascoltare per un orecchio italiano Harald Thum con la sua calamitosa pronuncia italiana nel ruolo formato praticamente solo da recitativi di Dunclamo. Completa il cast l’Araldo di Markus Zeitler.