Torino, Teatro Regio:”La Bohème”

Torino, Teatro Regio, stagione d’opera e di balletto 2023-2024
“LA BOHÈME”
Opera in quattro quadri su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica dal romanzo Scènes de la vie de Bohème di Henri Murger.
Musica di Giacomo Puccini
Mimì ERIKA GRIMALDI
Rodolfo LIPARIT AVETISYAN
Musetta FEDERICA GUIDA
Marcello ANDREY ZHILIKHOVSKY
Schaunard MANEL ESTEVE
Colline RICCARDO FASSI
Benoît e Alcindoro NICOLÒ CERIANI
Parpignol MARINO CAPETTINI
Sergente dei doganieri DESARET LIKA
Un doganiere MARCO TOGNOZZI
Orchestra, Coro e Coro di voci bianche del Teatro Regio
Direttore Andrea Battistoni
Maestro del Coro Ulisse Trabacchin
Maestro del Coro di voci bianche Claudio Fenoglio
Regia Giuseppe Patroni Griffi ripresa da Vittorio Borrelli
Scene e costumi Aldo Terlizzi Patroni Griffi
Luci Andrea Anfossi
Allestimento Teatro Regio Torino
Torino, 27 ottobre 2023
Dopo l’inaugurazione di stagione con La Juive di Halévy, e l’apertura delle attività del Piccolo Regio affidata a Un mari à la porte di Offenbach, il teatro torinese dà il via all’omaggio a Puccini ‒ che si protrarrà per un paio d’anni intorno al centenario della morte del compositore, e prevede sette titoli pucciniani nel presente cartellone ‒ mettendo in scena La bohème: il titolo più rappresentativo del legame tra il compositore lucchese e il Teatro Regio, che proprio qui ebbe la sua prima nel 1896. Per l’occasione, è stato riproposto quello che da alcuni decenni è anche l’allestimento più emblematico del legame tra La bohème e Torino, cioè lo spettacolo creato da Giuseppe Patroni Griffi (oggi ripreso da Vittorio Borrelli) in occasione del centenario della prima assoluta, nel 1996, quando a calcare il palcoscenico del Regio furono Luciano Pavarotti e Mirella Freni. Dopo 27 anni e numerose riprese, divenuta a sua volta un classico, questa messa in scena (ambientata tra gli scapigliati dell’epoca di Puccini, generazione alla quale si fa in fondo riferimento sotto il velo della Parigi 1830) continua ad affascinare gli spettatori per la sua freschezza tradizionale senza eccessi didascalici, cui le scene e i costumi di Aldo Terlizzi Patroni Griffi conferiscono un peculiare fascino visivo, che si manifesta sommamente nella nevicata del III quadro. Veterana del titolo, a dispetto dell’ancor giovane età, si può ormai considerare Erika Grimaldi, che proprio nel ruolo di Mimì debuttò al Regio esattamente 15 anni fa. Nel frattempo, il repertorio del soprano si è ampliato e la voce irrobustita, dandole più ricche possibilità espressive, che, unite alla scaltrezza maturata nella frequentazione del ruolo, le permettono di tratteggiare un personaggio compiuto, come dimostrano alcune accortezze nel fraseggio, e l’involo lirico che dona slancio e passione al canto senza far perdere la dimensione della conversazione quotidiana, in specie in alcuni passaggi del II quadro e in «Donde lieta». Pregevole è la Musetta del soprano Federica Guida, la cui cavata ampia e voluttuosa distende un velo di sensualità nella sala al momento di intonare «Quando men vo». Sul fronte maschile, il tenore Liparit Avetisyan affronta Rodolfo con intenzioni di gusto espressionistico che si manifestano appieno nell’ultimo «Mimì!» strozzato in gola con voce straziata, ma rischiano di penalizzare qua e là la perspicuità del fraseggio, a fronte di una voce gradevole cui gioverebbe un maggiore controllo del vibrato e qualche sfumatura meno acida. Nell’ambito della buona routine si colloca il Marcello del baritono Andrey Zhilikhovsky, sicché nel gruppo dei giovani artisti della soffitta finiscono per farsi notare di più lo Schaunard del baritono Manel Esteve e il Colline del basso Riccardo Fassi: entrambi sanno caratterizzare i propri personaggi conferendo loro una precisa individualità, e il secondo trasforma «Vecchia zimarra» in un vero cammeo, tratteggiato con morbido canto a fior di labbra. Completano il cast il basso Nicolò Ceriani (nei due ruoli di Benoît e Alcindoro), il tenore Marino Capettini (Parpignol), il basso Desaret Lika (Sergente dei doganieri) e il baritono Marco Tognozzi (Doganiere). Andrea Battistoni ‒ che, a quanto ci è stato riferito, ha diretto a memoria senza partitura ‒ ha guidato le compagini del Regio dando vita a una lettura dell’opera a due facce: equilibrata nelle scene d’assieme, nelle quali le individualità non sono soffocate ma riescono a emergere pur nell’ambito di una dimensione corale; puntuale nel valorizzare taluni dettagli strumentali; ma un po’ piatta in quei momenti di più intenso lirismo, in cui sarebbe piaciuta una mano più sensibile e fantasiosa. Il III quadro è parso nel complesso più penalizzato, perché se ne è persa la poesia. Ma, al termine di ogni rappresentazione della Bohème, vincitore è Puccini. Perché, anche se si è ascoltata l’opera infinite volte e l’esecuzione non è irreprensibile, si esce dal teatro commossi e contenti di esserci stati.